(Sopra, l’artista e scrittore,
Rino Cirelli; in evidenza,
la Casa Museo sita a Campoli)
“Non solo sono attratto dalla scrittura, ma mi piace dipingere, e scoprire le tradizioni contadine, tutto ciò che è trascorso e che fa parte del passato”. La frase è di Rino Cirelli, un distinto signore di Campoli Appennino classe ‘62, il quale, in una recente intervista ha provato a raccontare e descrivere le sue passioni artistiche.
Come nasce l’interesse per la scrittura? “‘In primis’ dal modo in cui ho vissuto la mia vita, in quanto ho avuto un’esistenza parallela, frequentando una scuola, raggiungibile a piedi, ubicata a Campoli, luogo in cui sono cresciuto e dove risiedo, relazionandomi con insegnanti e compagni di classe. Nel momento in cui mi trovavo a casa, vivevo in un borgo medioevale, nel quale abitavano tutti e quattro i miei nonni, rimasti allo stato naturale degli anni ‘20 e ‘30, perché, ad esempio, calzavano ancora le ciocie. E quindi, dopo alcuni anni è sorta questa voglia di scrivere il primo libro intitolato: ‘La rivincita dei quori e degli alluvioni” nel quale, tutto ciò che è stato riportato è pura verità sia nei momenti, nei luoghi, nelle date e nelle persone, e nei nomi. È tutto descritto alla lettera e, il sottotitolo del lavoro è il seguente: ‘Per non farli morire due volte’, per evitare che tutto ciò che è avvenuto potesse essere dimenticato”. Per quanto riguarda la prossima pubblicazione? “Sì, sto redigendo un nuovo libro ma il titolo è… top-secret. È improntato su una famiglia del 1945 in pieno periodo bellico, e tutto ciò che avveniva, è riproposto come fosse un romanzo, per renderlo appetibile alla lettura”.
Qual è la trama? “Mi permisi di regalare delle uova a una bambina che procedeva accompagnata dalla madre e che abitava vicino la mia abitazione. Ella chiese alla propria mamma: “Mamma, l’albero delle uova, qual è?”. Rimasi un po’ sconcertato, visto che siamo nel III Millennio e una bambina chiede qual è l’albero delle uova. Da lì è nata l’esigenza di scrivere questo secondo libro, per far sì che tutto ciò che accadeva un tempo, venisse riportato quasi fosse una ‘fiction’ televisiva”.
Come mai ha deciso di non continuare gli studi? “Non ho deciso spontaneamente di non continuare gli studi. Infatti posi una domanda ben precisa in famiglia, riguardante il mio futuro da studente. Però purtroppo all’epoca, i miei non avevano la possibilità di finanziarmi gli studi universitari: mio padre andava a lavorare per due o tremila lire al giorno, quindi non è che me lo negarono in maniera decisa, ma mi lasciarono intendere: ‘Se ti trovi un lavoro è meglio”. Quindi, dopo aver frequentato l’istituto professionale ho proseguito con la mia attuale occupazione. Tuttavia, la mia predilezione e la mia inclinazione era l’Istituto d’Arte e poi scegliere una facoltà consimile, all’Università”.
Come sceglie i soggetti delle sue opere, in base a degli ‘input’ ben precisi o accade tutto per caso? “Ce ne sono molti di ‘input’: talvolta venivo ispirato da soggetti che meritavano di essere menzionati nel contesto dove venivo, nella storia del nostro paese. Ma ripeto, mentre nel primo libro è tutto reale, nel secondo invece, ci sono soggetti e personaggi finti, perché sono riportate situazioni molto piccanti e particolari”.
Ha mai cercato un editore? “No”.
Perché? “Non sono stato capace prima di tutto, vedevo questa mia passione troppo impegnativa e magari irraggiungibile. E mi sembrava quasi una forzatura: una semplice persona quale mi ritengo aspirare a tanto successo, l’ho avvertita come una esagerazione”. E quali sono i progetti per il futuro, sempre dal punto di vista editoriale, a parte il secondo libro? “Mah… apro una parentesi: non mi piace fossilizzarmi su una sola materia nella mia vita. Infatti oltre alle due opere letterarie ho curato anche l’arte realizzando alcuni quadri, mi sono occupato di scultura, e ho realizzato una casa-museo. Forse l’amplierò: sarebbe la mia soddisfazione principale”.
Illustriamo brevemente la casa-Museo? “Si tratta di una casa del 1800 riprodotta nei minimi particolari, e, nei tre ambienti che avevano una volta, c’era la cucina, la camera e il sottotetto. Questa esigenza nasce di pari passo al libro che sto scrivendo, dal momento che si è persa la memoria storica, di come si utilizzavano gli studi e i costumi, le medicine e di tante cose, che i nostri antenati facevano. È nata così l’esigenza di porre in essere questa raccolta di cimeli, denominata: ‘casa museo’. Non intendo trasformarla in uno stabile che produca guadagno, tant’è che tutti i visitatori che ho ospitato, non hanno pagato, ma è stato tutto gratuito”.
La redazione