Il mitico bomber, Pino Santonico
Durante gli allenamenti tenuti allo stadio Nazareth, come di consueto, dall’allenatore Sandro Grossi, dal preparatore atletico Angelo Casalese e dal preparatore dei portieri, Mario Protani, ha fatto capolino sul rettangolo di gioco, un personaggio che ha reso celebre il comprensorio ciociaro visto che, in veste di giocatore, ha disputato diverse partite nella massima serie e nel campionato cadetto, indossando molteplici casacche. Stiamo parlando di Pino Santonico, nato a Isola del Liri il 5 giugno 1944 che ci ha rilasciato un’intervista ripercorrendo tutto il suo cammino calcistico e confidandoci anche alcuni episodi ed aneddoti.
Allora Pino, come è iniziata la tua avventura nel mondo del calcio? “Tutto è cominciato nel mio paese di origine, ossia ad Isola del Liri disputando due campionati in Promozione e poi sono stato ceduto alla Lazio in serie A. Ma dopo appena tre partite,a novembre sono andato via, e mi sono accasato a Reggio Calabria con la Reggina, poi ho vestito la maglia dell’Atalanta in serie A, in seguito Livorno ed anche Taranto, cittadina nella quale sono rimasto per tre stagioni. E ancora Avellino, Giulianova, Montevarchi ed infine Forlì”.
Qual è stato l’ambiente nel quale ti sei inserito nel migliore dei modi? “Beh ex aequo Reggina, Montevarchi e Giulianova. Ma anche a Taranto non è andata male”.
Che effetto ti fa rivedere sabato prossimo il Taranto dopo diversi anni da spettatore e non da giocatore? “E’ una squadra che non merita di calcare i campi della serie D, con tutto il rispetto per le altre compagini, perché meriterebbe di militare in tornei ben più blasonati come la Lega Pro e la serie B. Mi auguro che risalga quanto prima possibile”.
Com’è il cambiato il gioco del calcio a distanza di anni, confrontandolo con quello che praticavi in prima persona? “Adesso forse si corre di più, c’è maggiore sveltezza, più agilità, mentre un tempo i centrocampisti erano più tecnici ed i passaggi erano millimetrici, si tornava di meno, in fase di copertura, oggi non è più così”.
Eri una prima punta, un attaccante di appoggio, oppure una mezz’ala? “A volte mi è capitato di giocare come centravanti di riferimento, altre ancora come seconda punta, e cercavo di disturbare gli attaccanti avversari e, in molte occasioni mi trovavo in difesa e mi impegnavo a rubare la palla di testa ed a spazzare la mia area di rigore”.
Dal tuo curriculum non risulta che segnavi molti gol, come mai? “Perché mi affaticavo molto in fasi di copertura, rincorrendo i giocatori avversari, e quindi mi capitava di essere poco lucido negli ultimi sedici metri”. Qual è l’episodio che ricordi con particolare affetto? “Il gol realizzato nel campionato 1968/69 contro la Lazio in serie B, quando militavo nel Livorno tra le mura amiche”.
Che partita prevedi sabato prossimo? “Mah, il Taranto è una corazzata che occupa la quarta posizione in classifica, ma l’Isola Liri rispecchia il carattere del suo allenatore, non molla mai e al Nazareth è molto difficile fare risultato pieno”.
Un consiglio da dare al mister Grossi? “Penso che non ne abbia bisogno, conosce i suoi ragazzi meglio di chiunque altro e sono convinto che farà bene”. Prima di congedarsi dallo stadio Nazareth, grazie ad un’idea ed all’intuizione di Angelo Casalese, Pino Santonico ha posato con i calciatori che si trovavano negli spogliatoi subito dopo la seduta del mercoledì.
A cura dell’Ufficio Stampa dell’A. C. Isola Liri