“Dopo anni di trafila come attore, mi è stato proposto sei anni fa, circa, di ricoprire il ruolo di direttore organizzativo, nonché di vicepresidente del Cut e, dopo un’indecisione iniziale, ho accettato il nuovo incarico”. La dichiarazione è dell’ex allievo del Cut che ora è passato dietro la… scrivania, Marco Mattei (foto in alto).
Procediamo per gradi: vogliamo parlare del tuo approccio a questa disciplina artistica? “Ho cominciato a recitare con il maestro Giorgio Mennoia quando avevo tredici anni, quindi diciannove anni fa. All’epoca infatti, inizialmente c’era un Gruppo Teatrale Parrocchiale a Sant’Antonio, nato per volontà di Rachele Gianfrancesco e don Benedetto Minchella ed era un’attività promossa per tenere viva la nostra attenzione. Ma non c’era nessuno che avesse esperienze di teatro, quindi, contattammo il maestro Mennoia, a me sconosciuto, e, da una riunione tenuta all’interno della sagrestia, gli proponemmo di darci una mano e di seguirci con un laboratorio, specificando che non c’erano soldi e che il budget era inesistente. Ma il maestro, senza pensarci su due volte, accettò di seguirci e di insegnarci i primi rudimenti della recitazione. Fu così che, due giorni dopo, partì la nostra avventura con Giovanni Calao, il quale allora era il responsabile del Cut e con Gabriele Sangricoli, un giovanissimo allievo del Cut, molto promettente, che frequentava il Liceo Classico”.
Quindi un laboratorio esterno rispetto al Cut che, esiste da ben 27 anni…? “Anche oggi organizziamo e seguiamo moltissimi laboratori distaccati rispetto al Cut. Quest’ultimo inizialmente era una costola dell’Asic, una compagnia studentesca dell’Università di Cassino; poi due anni dopo se ne staccò e fu fondata la Cut, ossia la Compagnia universitaria teatrale, e, dopo alcuni anni, fu trasformata definitivamente nel Cut ossia: il Centro Universitario Teatrale. Pertanto non si trattò più di un gruppo di amici che allestivano spettacoli, ma di un vero e proprio laboratorio stabile e permanente di sperimentazione dell’arte scenica in generale, e, da quegli anni, tante cose sono cambiate e tanti passi in avanti sono stati compiuti”.
Avete avuto diverse sedi? “Sì… inizialmente ci riunivamo per provare nelle diverse aule dell’Università di Cassino, nell’Aula Pacis, e, in seguito, nei vari Auditorium delle scuole presenti nella Città Martire, ossia la Diamare o l’Ipsia. Infine e, per fortuna, siamo arrivati ad un accordo con gli amministratori e ci siamo spostati nel Teatro Manzoni: fino a quest’anno ha funzionato, l’anno venturo si vedrà”.
Sei più a tuo agio nel ruolo di organizzatore oppure in quello di attore? “Ho cominciato come attore, per gioco, iniziai a frequentare il laboratorio perché lo facevano i miei amici. Poi ho approfondito la conoscenza dell’attività teatrale nel corso degli anni, ma, per un periodo di tempo, stando a Roma per motivi di studio, non ho potuto frequentare il Cut ed ho cercato altre compagnie: ho avuto rapporti anche con Cinecittà, senza conseguire risultati concreti. Poi sono tornato a Cassino al Cut, in coincidenza del rinnovo delle cariche statutarie,e mi fu proposta una nuova forma di collaborazione, e la mia risposta immediata fu negativa, perché non avevo idea di cosa fosse la burocrazia, e l’organizzazione del teatro, e del mondo oscuro che c’è alle spalle dello spettacolo. Mi fu risposto: “Solo chi non fa non sbaglia, se hai voglia di imparare, ti applichi e con le ‘debacle’ imparerai e lentamente ce la farai, Ed è stato proprio così, in quanto sono sei anni che ricopro quel nuovo ruolo in questa struttura”.
In che cosa si potrebbe migliorare? “Ci sarebbero tantissime cose da migliorare: la cultura deve poter essere per tutti: ergo, un nostro sogno, tendente alla chimera, è quello di tornare ad avere laboratori per tutti. I contributi che noi chiediamo ai ragazzi, sono minimi e servono per coprire le effettive spese vive, i costi del teatro e di gestione. Ci piacerebbe azzerarli, soprattutto per le categorie più svantaggiate. Infatti, sono previste tantissime attività nell’ambito sociale e siamo convinti che, il nostro obiettivo non è squisitamente quello di creare tanti attori per il futuro, ma di promuovere un progetto di assoluta integrazione”.
La prossima farsa c’è il 18 luglio… “La prossima settimana porteremo in scena ‘Un giallo in condominio’, e vedrà impegnati tutti i nostri allievi, ragazzi disabili, bambini e persone normodotate. Ed è questa la componente più importante che ci lusinga: vedere il sorriso degli alunni non può non riempirti il cuore. Personalmente investo tantissimo nel mio tempo a fare volontariato, ma queste sono le soddisfazioni che danno un senso alle giornate in cui vorresti mollare tutto”.
L’applauso lo vivi allo stesso modo? “Sono felice quando c’è la soddisfazione sul viso di chi recita, e so che, quando faccio bene il mio lavoro, passo inosservato, mentre, quando ci sono dei problemi irrisolti sono il colpevole/responsabile. Sono quello che sta nel backstage, quello di cui ci si scorda facilmente, ma è un lavoro che mi piace e che mi ha insegnato tanto, perché è una notevole esperienza di vita. Ogni applauso che l’attore riceve, in parte è anche mio”.
Gilberto Farina
Direttore responsabile de: Sora e Dintorni
Addetto stampa de: Miss Valcomino