(In alto due momenti dei funerali che hanno avuto luogo questa mattina, martedì 15 gennaio nella chiesa di Santa Restituta; in anteprima la caratteristica immagine affabile del parroco don Bruno Antonellis)
Dal Vescovo della Diocesi di Sora-Aquino e Pontecorvo, Monsignor Gerardo Antonazzo riceviamo e pubblichiamo la seguente omelia, per onorare la memoria del sacerdote di tutti, don Bruno Antonellis, deceduto nei giorni scorsi. Ricordiamo che i funerali hanno avuto luogo questa mattina nella chiesa di Santa Restituta, parrocchia del sacerdote defunto.
“Oggi il tempo sembra essersi fermato. Come se le lancette dell’orologio non scandissero più lo scorrere del tempo, quasi riottose al loro consueto compito di battere il ritmo del giorno e della notte, perché amabilmente allineate all’arresto del battito cardiaco. Il già rigido inverno diventa repentinamente ancor più inclemente nel cuore di tutti. Cala il silenzio. Ed è già preghiera. Sora non sembra essere più la stessa, senza di te. La nostra Chiesa diocesana sembra essere diventata meno ricca senza di te, pastore buono, amabile don Bruno. Soffriamo oggi di un’orfananza spirituale, come indifesi, privati di una buona paternità alla quale ci sentiamo come strappati da un’impietosa malattia. Quanto grande è il bene che un prete, che ogni prete e ogni vescovo, può fare! Grande…quanto le attese della nostra gente.
Don Bruno muore all’alba della domenica in cui la comunità cristiana celebra la festa del Battesimo del Signore; quasi a darci l’ultima lezione, e ricordare a tutti noi che non c’è grazia più grande che l’essere diventati cristiani! Da questa grazia è scaturita la sua chiamata alla sequela di Cristo, senza mai cadere in forme di sterile e deleterio clericalismo arrampicatore, affettato di formalismi e ipocrisie, così aspramente redarguito da Papa Francesco. Don Bruno amava definirsi, tra il serio e il faceto, un “prete laico”, quasi a dire la sua dichiarata allergia ad ogni forma di servilismo dogmatico, e di obbedienza di facciata asservita al potente di turno. Ha sempre, pertanto, preferito dialogare con tutti, confrontarsi con chiunque, vicino o distante rispetto alla pratica religiosa cristiana. Uno spirito libero, capace di pensare, e disposto a sottoporre le proprie convinzioni al vaglio del confronto e al rispetto delle differenze culturali.
La preziosa eredità lasciata da don Bruno è inestimabile; non perfetta certo, ma profondamente concreta, intrisa di un umanesimo squisitamente evangelico. Un’eredità che custodisce la memoria dell’uomo, del credente, del servo consacrato a Dio. Sono convinto che la forza che ha tenuto saldamente unite queste tre dimensioni sia stata quella dell’amore. Possiamo dire anche di lui che ha stupito con il suo insegnamento, perché ha insegnato come uno che ha autorità! E’ l’autorità dell’amore, non della forza, se non quella dell’amore, che merita dal cuore di Dio la misericordia per se stessi, a motivo della fragile natura umana, fino al perdono dei peccati: “Sono perdonati i
suoi molti peccati, perché ha molto amato” (Lc 7,47).
Innanzitutto, don Bruno ha amato la Chiesa nel servizio dei Vescovi, in particolare di mons. Biagio Musto quale suo saggio collaboratore e accompagnatore, fino all’abbraccio finale in Episcopio quando solleva da terra il corpo esanime del suo Vescovo scomparso inaspettatamente al mattino del giovedì santo del 1971 per un arresto cardiaco.