“La musica non è competizione come lo sport, non si ama per i riconoscimenti che si ricevono, e nemmeno per le apparizioni in Tv, ma è un modo per condividere con altre persone le proprie emozioni e i propri motivi musicali”.
La dichiarazione molto schietta è di Edoardo Inglese, da sempre voce solista del gruppo musicale denominato Original Slammer Band di Sora. Abbiamo chiesto al talentuoso vocalist di illustrarci l’ultimo lavoro in studio intitolato: “30&31”.
Perché questo titolo così ‘sui generis’? “Il disco è un tributo al trentennale della Slammer, il sesto in studio per la precisione, a dieci anni dall’ultimo. Rappresenta sia un punto di arrivo, sia un punto di ripartenza, sintetizzati nel richiamo al modo di dire ‘abbiamo fatto 30, facciamo 31’”.
Vi siete ispirati alla mucca Lullubelle III ritratta sull’album Atom Heart Mother dei Pink Floyd? Ma voi avete messo una capra in copertina sull’erba? “E’ la capra Beatrice (foto in alto) di Silvio Viscogliosi, ossia il musicista dove e, con cui abbiamo registrato il disco. Quindi la più presente alle registrazioni. Una volta pensato di mettere la capra in copertina, il passaggio alla citazione, l’omaggio alla mucca dei Pink Floyd, è diventato un corollario. In questo modo tutto diventa simbolo e si amplificano i significati e le equazioni. Tanto per farne una che ci ha divertito: i Pink Floyd stanno alla mucca, come la Slammer alla capra. O, meglio, i Pink Floyd stanno alla Slammer, come la mucca alla capra. Oppure: i tempi dei Pink Floyd, quando la musica era una vacca (grassa) mentre oggi… siamo diventati delle ‘capre’”.
Quante tracce compongono il Cd e di cosa parlano massimamente? “Si tratta di undici pezzi, proprio come una squadra di calcio ed hanno veramente uno schema e dei ruoli ben precisi e definiti. Credo che un disco composto da diversi brani è sempre un ‘concept album’, e ci sarà sempre un criterio che li unisce. Abbiamo semplicemente compiuto un viaggio negli ultimi 30 anni, i tre decenni dal ‘90, passando per l’inizio del Terzo Millennio, al 2010, fino ad oggi, del nostro complesso”.
L’impronta musciale rimane sempre quella inconfondibile della Slammer? “Lo stile della Slammer è un modo di essere, una visione del mondo: è inevitabile. Abbiamo dovuto chiamarla musica ‘blob’ perché non c’erano generi che ci contenessero. Di certo, con l’età, abbiamo smesso di sentirci in dovere di dimostrare quanto siamo bravi e originali e facciamo più concessioni al semplicemente bello, che ci piace e ci diverte”.
Avete avuto il giusto e debito riconoscimento con diverse apparizioni in Rai negli anni scorsi, vi ritenete soddisfatti oppure ancora c’è molto da lavorare? “Il premio non coincide necessariamente con un’ospitata in Tv. Non lo sono i concorsi e le targhe oppure l’ottuso punto di vista secondo cui la musica debba essere anche, o soprattutto, competizione. Può essere vero per lo sport in generale, ma, per noi, l’aspetto più importante, è vedere persone che cantano, vivono, amano, suonano. E devo dire che, da un ristretto numero di fan, siamo riusciti ad ottenere tale risultato. Comunque un rimpianto c’è: non aver potuto suonare tutti i giorni, lavorare e dare il meglio di se stessi, poter stare in studio e preparare quotidianamente le nostre canzoni ed i nostri dischi. Mi domando cosa sarebbe stata la Slammer se avesse avuto una risonanza estesa e largamente intesa, negli anni ‘90… come avremmo suonato oggi e quale strepitosa forma atletica avremmo avuto. In tal senso non saremo mai soddisfatti. Tuttavia è pur vero che la nostra musica ci ha reso la vita straordinaria, lasciandoci completamente liberi di essere noi stessi: quindi… chi meglio di noi?”.
Avete intenzione di portare in tour, insieme con altri pezzi del vostro repertorio, anche i brani contenuti nell’ultimo Cd? “Il nuovo concerto che stiamo preparando prevede una prima parte composta esclusivamente da pezzi del nuovo disco che suoneremo integralmente. E poi ci sarà il nostro finale ‘a tarallucci e vino’ in cui cercheremo, per quanto possibile, di accontentare le richieste di brani del passato”.
Vogliamo ricordare la ‘line-up’ del gruppo e da quanto tempo suonate insieme? “Il primo concerto della Slammer è stato tenuto il 23 settembre del 1988, anno in cui abbiamo tenuto a battesimo la nostra band. Per il nostro disco invece abbiamo avuto molti ospiti, quelli che sono stati importanti e fondamentali per la storia della ‘Slammer’ e alcuni giovani talenti del sorano e poi collaborazioni con altri musicisti a noi graditi. C’è da essere soddisfatti perché tutti hanno accettato il nostro invito e ci siamo sentiti ognuno onorato dell’altro. La formazione è la seguente: Mario Ottaviani alla batteria e percussioni; Ottavio Frascone al basso ed ai cori; Mario Fossataro: alle chitarre; il redivivo Simone Salvatori alla chitarra acustica; Edoardo Inglese alla voce e tastiere ed infine l’uomo che ha visto la luce e l’ha spenta: Maurizio De Antoniis in Pernaselci, detto’Pasticcio’ al sax”.
Gilberto Farina
Direttore de: Sora e Dintorni
Addetto stampa de: Miss Valcomino